Le avventure del bambino blu
Primo capitolo
C’era una volta un bambino diverso da tutti gli altri. Era nato in una terra lontana e misteriosa, non conosceva il nome del suo paese e neppure quello dei suoi genitori. La sua pelle, liscia e levigata, era del colore che assume il cielo un minuto dopo il tramontare del sole. Le sue gambe erano agili e scattanti, le sue braccia in grado di sopportare qualunque sforzo senza fatica. Se doveva saltare o scavalcare un muro, la sua perfetta coordinazione lo rendeva silenzioso e quasi invisibile, tanto era veloce. I capelli di questo ragazzino straordinario erano neri, ricci e lucidi come l’ebano, si asciugavano senza phon: bastava passarci le mani dentro e le gocce d’acqua volavano via, senza bagnare niente. Lui non aveva mai, ma proprio mai, paura. Sentiva di appartenere al mondo intero, alla natura, alla profondità del mare, alla neve e al deserto… riusciva ad affrontare tutti i pericoli senza che il suo cuore battesse troppo forte. Si riposava, spesso, anche all’aperto e sapeva nuotare benissimo, senza mai bere neanche un goccio dell’acqua dei mari, dei fiumi e dei laghi che gli capitava di attraversare. Il suo rifugio era nascosto agli occhi degli umani e agli animali del bosco: era una casetta tutta sua, costruita su una grande quercia del Bosco Blu. Dentro, un grande materasso – profondo come due letti matrimoniali – era ricoperto di cuoio antico, una pelliccia di animale feroce serviva da morbido tappeto, una vecchia e vuota damigiana di birra era trasformata in lampada a gas e alle pareti, i disegni raffiguravano paesaggi e misteriose astronavi di un altro mondo lontano, forse proprio il luogo di origine del bambino blu… Quel nascondiglio sopra alla quercia era stato sempre della sua famiglia, come il Bosco Blu, e ciascuno degli abitanti – nello scorrere degli anni, dei secoli – aveva aggiunto qualcosa. La serratura per entrare era comandata da una frase segreta, che bisognava pronunciare toccando uno dei rami più alti dell’albero: immediatamente, la temperatura della casetta diventava quella ideale, giusta in inverno e in estate. Per scendere dalla quercia, il piccolo blu si metteva a cavallo del tronco, stringeva la corteccia con le mani e con la sua pelle liscia in un attimo era a terra. I pasti del bambino erano piuttosto casuali, rapidi, e assai nutrienti: uova fresche da bere crude, latte appena munto dalla mucca, formaggi saporiti, pane appena uscito del forno, grappoli di uve mature, mele rosse dolcissime, pere squisite e fragoline che succhiava come voi fate con le caramelle. Lui non conosceva gli hamburger, le patatine fritte e i toast, le merendine e i cereali. Non era mai entrato in un negozio, non usava il denaro, non pagava le tasse e non conosceva l’uso dei biglietti che servono per prendere autobus, treno e aereo. Lui riusciva a vivere benissimo senza il telefonino, svegliandosi al canto degli uccellini, addormentandosi al calare del sole, dopo avere studiato tanto, ma non a scuola, leggendo i libri e i diari d’avventure che i suoi antenati gli avevano lasciato nel rifugio segreto sulla quercia. Il bambino blu non aveva mai visto la televisione, ma sapeva tutto dei computer, anche di quelli del futuro. Nel suo misterioso paese d’origine, tutto era diretto da minuscoli aggeggi elettronici invisibili e quasi perfetti. Le porte si aprivano senza chiavi, le automobili volavano sopra alle altre se c’era traffico, i vestiti si lavavano da soli durante la notte e la mattina erano di nuovo candidi e profumati, ci si poteva sdraiare per terra dappertutto perché tutti i pavimenti erano pulitissimi. Ma il bambino blu non voleva tornare subito da dove era venuto. Qui, nel terzo Millennio, sul Pianeta Terra, aveva una missione molto importante da compiere.
Nota dell’autrice:
Le avventure del bambino blu, arrivato sulla Terra all’improvviso, è una delle favole che ho inventato e raccontato ai miei figli quando erano piccoli. Il gioco continuava – sempre – a due voci. Ciascuna delle storie veniva scritta insieme, a pezzi di volta in volta brevissimi o lunghissimi (dipendeva dal sonno di ciascuno), con il break reciproco: a questo punto, CONTINUA TU.
Primo capitolo
C’era una volta un bambino diverso da tutti gli altri. Era nato in una terra lontana e misteriosa, non conosceva il nome del suo paese e neppure quello dei suoi genitori. La sua pelle, liscia e levigata, era del colore che assume il cielo un minuto dopo il tramontare del sole. Le sue gambe erano agili e scattanti, le sue braccia in grado di sopportare qualunque sforzo senza fatica. Se doveva saltare o scavalcare un muro, la sua perfetta coordinazione lo rendeva silenzioso e quasi invisibile, tanto era veloce. I capelli di questo ragazzino straordinario erano neri, ricci e lucidi come l’ebano, si asciugavano senza phon: bastava passarci le mani dentro e le gocce d’acqua volavano via, senza bagnare niente. Lui non aveva mai, ma proprio mai, paura. Sentiva di appartenere al mondo intero, alla natura, alla profondità del mare, alla neve e al deserto… riusciva ad affrontare tutti i pericoli senza che il suo cuore battesse troppo forte. Si riposava, spesso, anche all’aperto e sapeva nuotare benissimo, senza mai bere neanche un goccio dell’acqua dei mari, dei fiumi e dei laghi che gli capitava di attraversare. Il suo rifugio era nascosto agli occhi degli umani e agli animali del bosco: era una casetta tutta sua, costruita su una grande quercia del Bosco Blu. Dentro, un grande materasso – profondo come due letti matrimoniali – era ricoperto di cuoio antico, una pelliccia di animale feroce serviva da morbido tappeto, una vecchia e vuota damigiana di birra era trasformata in lampada a gas e alle pareti, i disegni raffiguravano paesaggi e misteriose astronavi di un altro mondo lontano, forse proprio il luogo di origine del bambino blu… Quel nascondiglio sopra alla quercia era stato sempre della sua famiglia, come il Bosco Blu, e ciascuno degli abitanti – nello scorrere degli anni, dei secoli – aveva aggiunto qualcosa. La serratura per entrare era comandata da una frase segreta, che bisognava pronunciare toccando uno dei rami più alti dell’albero: immediatamente, la temperatura della casetta diventava quella ideale, giusta in inverno e in estate. Per scendere dalla quercia, il piccolo blu si metteva a cavallo del tronco, stringeva la corteccia con le mani e con la sua pelle liscia in un attimo era a terra. I pasti del bambino erano piuttosto casuali, rapidi, e assai nutrienti: uova fresche da bere crude, latte appena munto dalla mucca, formaggi saporiti, pane appena uscito del forno, grappoli di uve mature, mele rosse dolcissime, pere squisite e fragoline che succhiava come voi fate con le caramelle. Lui non conosceva gli hamburger, le patatine fritte e i toast, le merendine e i cereali. Non era mai entrato in un negozio, non usava il denaro, non pagava le tasse e non conosceva l’uso dei biglietti che servono per prendere autobus, treno e aereo. Lui riusciva a vivere benissimo senza il telefonino, svegliandosi al canto degli uccellini, addormentandosi al calare del sole, dopo avere studiato tanto, ma non a scuola, leggendo i libri e i diari d’avventure che i suoi antenati gli avevano lasciato nel rifugio segreto sulla quercia. Il bambino blu non aveva mai visto la televisione, ma sapeva tutto dei computer, anche di quelli del futuro. Nel suo misterioso paese d’origine, tutto era diretto da minuscoli aggeggi elettronici invisibili e quasi perfetti. Le porte si aprivano senza chiavi, le automobili volavano sopra alle altre se c’era traffico, i vestiti si lavavano da soli durante la notte e la mattina erano di nuovo candidi e profumati, ci si poteva sdraiare per terra dappertutto perché tutti i pavimenti erano pulitissimi. Ma il bambino blu non voleva tornare subito da dove era venuto. Qui, nel terzo Millennio, sul Pianeta Terra, aveva una missione molto importante da compiere.
Nota dell’autrice:
Le avventure del bambino blu, arrivato sulla Terra all’improvviso, è una delle favole che ho inventato e raccontato ai miei figli quando erano piccoli. Il gioco continuava – sempre – a due voci. Ciascuna delle storie veniva scritta insieme, a pezzi di volta in volta brevissimi o lunghissimi (dipendeva dal sonno di ciascuno), con il break reciproco: a questo punto, CONTINUA TU.